italian Tutto era tenebroso e bagnato e senza speranze. La luce dei fari rimaneva sospesa su un largo fossato pieno d’acqua. Le campagne circostanti, se esistevano, erano un deserto nero. Tentai di liberare la macchina, ma le ruote posteriori non fecero che gemere angosciate nella melma. Incominciò a piovere ad un certo momento.

Una nube leggerissima apriva le braccia spostandosi verso la seconda nube appena più sostanziale che apparteneva a un altro sistema più lento e più legato al cielo. Nell’avvicinarsi all’abisso amichevole, mi ero accorto d’un melodioso insieme di suoni levantisi come vapore da un piccolo centro minerario che si stendeva ai miei piedi. Si poteva distinguere la geometria delle strade tra isolati di tetti rossi e grigi, e verdi pennacchi d’alberi, e un fiumicello tortuoso, e il ricco scintillare, da minerale aurifero, dei rifiuti della cittadina, e al di là di essa strade che intersecavano la trapunta pazzesca di campi pallidi e scuri, e più in là ancora, alte montagne boscose. Ma ancor più vivida di quei colori che placidi esultavano – poiché esistono colori ed ombre che in buona compagnia sembrano esultare – più vivida e sognante al contempo per l’udito di quanto essi non lo fossero per la vista, era quella vibrazione vaporosa di suoni accumulati che non cessava mai. E ben presto, avevo capito che tutti quei suoni erano un’unica natura, che nessun altro suono all’infuori di quelli giungeva dalle strade della cittadina trasparente. Mi ero trattenuto ad ascoltare quella musicale vibrazione dal dirupo maestoso, ad ascoltare quei lampi di singole grida il cui sfondo era una sorta di mormorio discreto.

“Lolita” Vladimir Nabokov